In preparazione al Giubileo della Misericordia

Riportiamo in questo articolo il testo dell’intervento che Mons. Arcivescovo ha tenuto nel corso dell’incontro con i dipendenti della Cooperativa “Impegno e Futuro”, che si è svolto il 23 Novembre 2015 nei locali dell’Auditorium Toniolo, in preparazione al Giubileo della Misericordia.

Gioia per questo incontro che si colloca nelle immediate vicinanze della apertura del Giubileo della Misericordia; evento che se riguarda soprattutto i credenti per la loro vita spirituale, riguarda in particolare anche voi in quanto lavoratori impegnati ad offrire un vostro specifico contributo a quanti visiteranno i monumenti della nostra Piazza del Duomo, proprio in relazione alla celebrazione giubilare.
Giubileo. Una parola che ci riporta alla antica tradizione ebraica dell’anno cinquantesimo nel quale era come se si ritornasse alle origini (cfr Lv. 25,40 : “Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all’anno del Giubileo, allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri” ). Il giubileo era la ricomposizione in armonia di tutte le distonie che nel corso del tempo avevano compromesso l’equilibrio stabilito dalla Legge e dalla tradizione di Israele. La parola poi derivava dallo strumento a fiato – il corno – con il quale veniva solennemente proclamato questo anno di riconciliazione sociale e religiosa.
Il Giubileo straordinario che il Papa ha proclamato e che inizierà a Roma, in San Pietro il prossimo 8 dicembre e che si concluderà sempre in San Pietro il 20 novembre 2016, nella festa di Cristo Re, è stato chiamato “Anno della Misericordia” ed è stato spiegato nel suo significato dal Papa nella Bolla di indizione “Misericordiae vultus” emanata nella domenica successiva alla Pasqua del 2015. I contenuti del Giubileo sono stati illustrati nella Bolla di indizione alla quale è necessario fare riferimento per comprendere il senso di questo anno speciale. (Cfr testo pubblicato).
In tutte le diocesi del mondo, questo anno inizierà il 13 dicembre 2015, per concludersi il 13 novembre 2016, con l’apertura e la chiusura della Porta santa nelle chiese cattedrali.
Per la nostra chiesa pisana, l’anno della misericordia si sovrappone all’anno che il nostro Piano Pastorale destinava alla riflessione e all’azione pastorale del nostro necessario “chinarci sull’uomo ferito” avendo assunto come icona per questo anno uno dei monumenti della nostra Piazza e cioè l’Ospedale di Santo Spirito detto anche di Santa Chiara.
A questo proposito è necessaria una parola di spiegazione circa il nostro Piano Pastorale: cinque monumenti per un quinquennio destinato a farci crescere nella comprensione del nostro essere chiesa, facendoci accompagnare in questo percorso dai cinque monumenti della nostra Piazza del Duomo.
Il Battistero quale segno di una Chiesa che ha le porte spalancate verso i quattro punti cardinali per accogliere tutti perché ogni uomo possa diventare figlio di Dio nel battesimo; l’ospedale quale segno della materna attenzione della Chiesa verso coloro che soffrono per la malattia, l’anzianità e le varie traversie della vita; il campanile, quale segno di un annuncio che deve essere rivolto a tutti, perché natura identitaria della Chiesa è quella della missione evangelizzatrice rivolta ad ogni essere umano e ad ogni realtà sociale; il segno della Cattedrale, quale icona di una comunità che deve accogliere tutti perché tutti possano sentirsi a casa propria, in famiglia, sperimentando la gioia della fraternità perché tutti figli di Dio e partecipi, in Cristo della maternità della Chiesa, rappresentata nella sua figura più eminente che è la Vergine Madre Maria. Infine l’icona del camposanto, a dire che la vita del cristiano non si ferma al solo orizzonte terreno, ma si apre alla città del cielo verso la quale siamo tutti diretti perché chiamati tutti a vivere per sempre con Dio nella pienezza della sua luce e del suo amore pacificante.
La nostra piazza può dunque essere considerata e presentata come il luogo che raffigura plasticamente le varie fasi della esperienza di vita cristiana, con un linguaggio simbolico che parla a tutti, credenti e non credenti e quindi come occasione di annuncio missionario attraverso il linguaggio universale della bellezza che va ben al di là delle singole culture o delle varie ideologie. Non dimentichiamo che l’annuncio della fede passa anche attraverso i segni dell’arte che richiedono una lettura non superficiale, ma che attinga al patrimonio spirituale, biblico, liturgico, patristico e teologico che nel corso della storia li hanno generati.
Questo linguaggio, se è veicolo che può trasmettere a tutti il senso di un soprannaturale che è indicato e “incarnato” artisticamente dai singoli monumenti, non può essere disatteso quando si abbia a che fare con i gruppi di pellegrini che verranno appositamente alla nostra cattedrale o che oppure sono in andata o in ritorno da Roma. E’ un linguaggio che siamo chiamati a fare nostro, prima di tutto per noi, ma anche per fare un buon servizio a quanti incontreremo sulla Piazza e nei suoi Monumenti.
Da sempre, per quanto riguarda Roma, il segno del giubileo è la Porta santa che è presente in ciascuna delle quattro Basiliche Papali romane: San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo Fuori le Mura. Ogni basilica ha una porta che si apre soltanto negli anni giubilari: essa rappresenta Cristo il quale nel Vangelo si autodefinisce la “porta” attraverso la quale entrare e uscire per avere salvezza.
In questo Giubileo , per la prima volta in maniera chiaramente esplicita si parla di una Porta santa da aprirsi in ogni Cattedrale del mondo.
E’ ovvio che non si tratta di una porta dalla quale normalmente si passa, bensì di una porta che venga aperta solo ed esclusivamente per esser segno di un “passaggio” speciale che interroghi non solo la vita interiore e spirituale di ciascuno, ma anche il suo relazionarsi con il mondo e con la storia.
Abbiamo scelto come Porta santa nella nostra Cattedrale, la porta più piccola, da cui di solito non si passa, perché sempre chiusa. Piccola, perché stretta è la strada che porta alla salvezza, che chiede in qualche modo di chinarci come occorre abbassarci quasi fino a terra per entrare nella Basilica della Natività di Betlemme e nel Santo Sepolcro di Gerusalemme. E’ la porta stretta dell’impegno ad essere santi, che chiede fatica e sacrificio, ma che immette poi nella meravigliosa grandezza della misericordia di Dio che salva.
Una porta santa, nel nostro Duomo, dalla quale il pellegrino passerà attraverso un itinerario che avrà il suo inizio in Battistero con la professione di fede (cfr depliant per l’accompagnamento e la preghiera del pellegrino); il pellegrinaggio attraverso la Porta santa, la preghiera in Cattedrale davanti all’altare del SS.mo Sacramento e della Madonna di Sotto gli Organi, oltre naturalmente alla partecipazione all’Eucaristia e la Confessione con un vero atto di pentimento per tutti i peccati commessi.
Al pellegrinaggio rituale però deve corrispondere il pellegrinaggio della vita attraverso le opere di Misericordia corporale e spirituale che il Papa richiama al n°15 della Bolla di Indizione e nella Lettera con la quale il primo settembre 2015 ha illustrato le modalità attraverso le quali è possibile ricevere l’indulgenza del giubileo.
E’ da ricordare quanto dice il catechismo della Chiesa Cattolica a proposito delle Indulgenze (nn 1471 e ss) : “La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa sono strettamente legate agli effetti del sacramento della Penitenza.
“L’indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
“L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati. Le indulgenze possono essere applicate ai vivi o ai defunti.”
n.1472” Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tenere presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale , provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato. Queste due pene non debbono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall’esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena.”
n. 1473 “Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono tuttavia le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell’uomo vecchio e a rivestire l’uomo nuovo”.
n. 1478 “L’indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità”.
n. 1479 “Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch’essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l’altro, ottenendo per loro delle indulgenze, in modo tale che siano sgravati delle pene temporali dovute per i loro peccati”.
Quale è il vostro compito in quanto lavoratori presso i monumenti della nostra Piazza in questo itinerario spirituale?
Prima di tutto ciascuno è chiamato a sentire come rivolto a se stesso il messaggio della Chiesa. Sarebbe stoltezza non accogliere per sé ciò che in qualche modo ci viene chiesto di offrire al prossimo, sia pure indirettamente.
Poi, per essere dei ”facilitatori” di questa esperienza spirituale occorre coltivare alcune virtù che vanno dalla attenzione rispettosa alle singole persone alla accoglienza cordiale e cortese rivolta a tutti indistintamente.
A questo proposito ci può essere di aiuto quanto scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Colossi: “Scelti da Dio, santi ed amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!”(3,12-15).