La beatitudine nel quotidiano

 

“Ma quanto ha da lavorare ancora, gli è proprio un incubo questo libro. Si presta tanto, viaggia e si strugge; le difficoltà sono tante, ma è volenteroso ed umile e credo che Dio voglia fecondare il suo umile seme… Non posso che ringraziare il Signore che mi ha concesso un così santo marito”, con “santo” sottolineato.

 

Così scriveva di Giuseppe Toniolo la moglie, Maria, condensando in poche righe del suo diario la straordinaria figura del grande studioso visto dalla prospettiva più genuina: quella della famiglia.
Proprio a partire da alcuni momenti di vita quotidiana, gli incontri del corso socio-politico della pastorale giovanile diocesana del 16, 23 e 30 gennaio 2012 (che si sono tenuti alla Stazione Leopolda, a pochi metri dalla casa di Toniolo nella omonima piazza) hanno tentato di far conoscere ai giovani la figura di un personaggio così complesso e poco conosciuto come Giuseppe Toniolo.

 

La beatitudine nel quotidiano

Nel primo incontro l’Arcivescovo di Pisa Mons. Giovanni Paolo Benotto ha mostrato quanto alto fosse il profilo spirituale del professore all’interno delle mura domestiche, nel rapporto con la moglie, con i figli e con Dio. Questo aspetto così poco considerato (solitamente Toniolo è studiato nel campo economico-sociale) permette di cogliere i motivi della beatificazione: la sua beatitudine non è in contrasto, ma piuttosto è immersa nella concretezza del cammino del quotidiano, intrisa e permeata delle cose più scontate e normali, sempre vissute nella prospettiva dell’eternità. La chiamata alla santità di Giuseppe Toniolo si realizzano in modo naturale nella sua vita di uomo, marito e padre esemplare. Con la beatificazione sarà presto additato alla venerazione del popolo cristiano come fratello che ha messo completamente a disposizione le sue virtù umane e cristiane per raggiungere la pienezza e la maturità di vita come sono realizzate nella persona stessa di Gesù.

Toniolo si era anche scritto una regola di vita, ricca di spiritualità concreta e vissuta: “Credo fermamente che Dio mi ha messo al mondo per conoscerlo, amarlo e servirlo”; la regola comprendeva l’ordine spirituale interiore (come esercizi spirituali, confessioni, eucarestia quotidiana), l’ordine spirituale esteriore, l’ordine degli studi e della vita fisica; Toniolo si impone di dedicare del tempo per i figli, prendendosi a cuore la loro educazione morale e religiosa, e per i suoi studenti, che si ripropone di trattare “come sacro deposito ed amici del mio cuore”.

 

Uno sguardo di speranza sulla società

Il secondo incontro, che ha avuto come ospite il prof. Ernesto Preziosi, docente di storia contemporanea all’università di Urbino, ha avuto al centro l’attenzione di Giuseppe Toniolo per la società del suo tempo, un’attenzione che lo portava a studiare la realtà che lo circondava e a rapportarsi con il magistero sociale della Chiesa, cercando di metterlo in pratica. Il periodo storico di Toniolo non è facile per quanto concerne il rapporto tra Chiesa e Stato: siamo all’indomani della conquista di Roma. Toniolo non si perde d’animo: con l’ottimismo che lo contraddistingue, vive personalmente l’attenzione della Chiesa per i più deboli (andava spesso a trovare ed aiutare i poveri del suo quartiere) e ne fa l’oggetto dei propri studi, occupandosi, ed esempio, della condizione del lavoro femminile e giovanile. Grazie anche alla vicinanza con il cardinale Maffi, si preoccupa della condizione delle famiglie meno agiate durante le stagioni più fredde e dei poveri.

Compie un’opera incessante di conferenze, dibattiti, pubblicazioni, riviste: un atteggiamento militante per proporre la sua terza via, un sindacalismo “bianco”. Il magistero sociale della Chiesa è notevolmente arricchito e influenzato dall’opera di Toniolo; anche Papa Leone XIII, con cui aveva un intenso scambio epistolare, lo invita a “non disperdere le forze di studio messe insieme, perché la società ne ha bisogno”.

Il grande merito di Toniolo, ha infine sottolineato il prof. Preziosi, è il metodo, la condivisione e il dialogo con tutti, e l’aver saputo coniugare idealmente e praticamente l’idea di una carità concreta e minuta ad una carità politica, generale, capace di eliminare i condizionamenti che di fatto generano ingiustizia e povertà. Aspetti in continuità ed entrambi necessari.

 

Non per sapere di più, ma per servire di più

L’ultima sera è stato ospite del corso il prof. Paolo Nello, dell’università di Pisa. Al centro dell’attenzione, il rapporto di Toniolo con lo studio e la cultura. Gli studi economici e sociali sono, per Toniolo, non uno studio di teorie astratte, ma strumenti per comprendere le relazioni tra storia ed economia e rimuovere le cause che portano alcuni strati di una società in una situazione di povertà.

Pur essendo figlio del tradizionalismo cattolico, Toniolo comprende che il cavallo sul quale la Chiesa di fine ‘800 deve puntare non è tanto la questione romana, ma la questione sociale. Non cerca, quindi, di resuscitare un passato ormai morto, ma di guardare in avanti e scoprire quello che nella nuova situazione seguita all’unità dell’Italia la Chiesa può e deve fare. Si impegna, in particolare, per favorire la crescita culturale del popolo, in modo che una maggiore comprensione delle dinamiche sociale permettesse e sollecitasse una maggiore impegno dei cristiani nella società del tempo. E anche nei momenti di maggiore delusione, in cui gli è più difficile far accettare le sue tesi dai suoi contemporanei, riesce ad accettare il cammino della Provvidenza, certo che il seme porta frutto proprio quando muore.

Ed, in effetti, a guardar bene si nota che il suo pensiero non è stato affatto privo di frutti, ma ha animato il percorso politico e sociale cattolico, a partire dal programma del Partito Popolare fino all’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Un pensiero, quindi, ancora attuale (pur da calare in tempi diversi da quelli di Toniolo) e da riscoprire come strumento per una nuova lettura della nostra società.

(Paolo Rametta)