Pace: traguardo e cammino

Il 31 dicembre si è svolta la 49ª Marcia Nazionale per la Pace, promossa dall’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana, Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana, organizzata dalla diocesi di Bologna.

Il tema della Marcia, «La non violenza: stile di una politica per la pace», riprendeva il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale della Pace che si è celebrata il 1 gennaio 2017. È possibile scaricare qui il documento del Santo Padre.

In questo articolo proponiamo il testo dell’intervento di Mons. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, a conclusione della Marcia.

Sento tanta gioia per questa marcia della pace. È la vera benedizione di Dio, perché l’uomo di pace è splendente, luminoso, per sé e per gli altri.

“Trova la pace in te e migliaia la troveranno attorno a te”. Chi sceglie la non violenza, (e va scelta, non viene da sola!), costruisce pace. Siamo adottati a figli della pace da quel Dio il cui nome è, in tutte le religioni, un nome di pace. È la consegna di questo bambino che ci porta tutti a Betlemme e ci costringe a chinarci su tutte le mangiatoie dove è deposto, quelle indicate da Papa Francesco che parla dei “bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle squallide “mangiatoie di dignità”: nel rifugio sotterraneo per scampare ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un barcone sovraccarico di migranti”. Siamo ministri della sua pace. Non è astratto o talmente generico che non incide nella vita ordinaria! Ne parlava, con la passione che ricordiamo e conserviamo, Tonino Bello.

La pace non è “un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale “vita pacifica”. Sì, la pace prima che traguardo, è cammino”.

Il tempo è sempre superiore allo spazio. Non vogliamo essere lucignoli fumiganti ma ceri pasquali, diceva, perché noi crediamo che la vita vince sulle tenebre. La pace è il nuovo martirio a cui oggi la Chiesa viene chiamata, testimonianza di un amore di più delle paure, della giustizia stessa, dell’ipocrita e misera contabilità del dare e avere. Un amore di più per riempire il tanto amore che la violenza ruba, che viene a mancare con l’occhio per occhio che davvero rende il mondo cieco anche a chi viene dopo di noi. Un amore di più del sonno che attutisce la terribile violenza e nasconde il dolore che questa genera. L’amore di più è lo stile della non violenza che Papa Francesco ci affida, uscendo da un’idea individualista o solo esistenziale, perché diventi politica di pace. Rifiutiamo di parlare di non violenza solo tra noi, per compiacerci. Siamo andati per strada, torniamo per strada, perché vogliamo che la pace disarmi le mani e i cuori violenti, ci confrontiamo con loro! La violenza ha un effetto. E lo vediamo! Ma anche la non violenza ha un effetto!

Merton diceva che “La pace non è una ricetta per un’evasione individualistica o per una realizzazione agonistica. Non vi può essere pace nel cuore dell’uomo che cerca pace solo per sé stesso. Per trovare la pace vera dobbiamo desiderare che gli altri abbiano pace come noi e dobbiamo essere pronti a sacrificare qualcosa della nostra pace e della nostra felicità affinché gli altri abbiano pace e possano essere felici”. La storia cambia, può cambiare! La storia deve cambiare, altrimenti non c’è futuro! Avvenimenti terribili, che possono essere catastrofici per nazioni intere e forse anche per gran parte dell’umanità, diceva consapevolmente Paolo VI. Adesso è peggio di allora. Solo la non violenza è politica di pace, via per raggiungerla!

Maria è la prima donna non violenta, trafitta, non lo dimentichiamo, come tante donne, madri e mogli, da spade di incredibile violenza maschile. Il grido di Rachele che con la sua disperazione non vuole essere consolata perché non i suoi figli non sono più ci penetra e ci ferisce. Per questo siamo qui! Anche per tutte loro. L’uomo di pace è come i pastori, che restavano svegli per le loro pecore, come il vero buon pastore che non dorme e non sonnecchia, che dà la sua vita per il gregge che è la ragione della sua vita. Come dormire quando soffre una persona cara, quando siamo raggiunti da quel grido che giorno e notte si alza dalle terre e dai luoghi di violenza? I pastori erano all’aperto, come siamo stati tutto questo lungo pomeriggio assieme. All’aperto per incontrare, per capire, per stare assieme.

Non vogliamo addormentarci su divani di qualsiasi tipo. La preghiera ci sveglia, la preghiera ci fa sentire il dolore di tanti, ci aiuta a stare dalla parte delle vittime, ci rende come la madre che non può stare bene se un figlio è nella sofferenza. Non c’è pace a domicilio! Non c’è pace se mi accontento di un bel gesto, di essere io a posto se il mondo non lo è, se penso che tanto è lo stesso, se non dico “i care”. È uno stile di non violenza. Il bambino Gesù è il primo non violento. Gesù resterà sempre bambino, davanti alla violenza dei forti, dei sapienti, dei prepotenti di ogni fede e convinzione, dei suoi stessi discepoli che portavano con loro la spada per essere come tutti, perché “non si sa mai”, perché tentati dalla giustizia e dalla terribile logica della vendetta. Gesù è non violento fino alla fine, perdonando i suoi persecutori. Non salva sé stesso e per questo salva il mondo.

La non violenza non è solo rimettere la spada nel fodero con la consapevolezza, vera ancora oggi, che chi di spada ferisce di spada perisce. La sua non violenza è riattaccare l’orecchio che era stato tagliato, sono parole di amore per un povero condannato a morte. Gesù non si astiene, ama. Diceva Lercaro che “la Chiesa non può essere neutrale, di fronte al male da qualunque parte venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia”. Stiamo dalla parte delle vittime, non accettiamo la logica del lupo, perché solo così si vive la non violenza. È la parte di Cristo, dei suoi fratelli più piccoli, dei santi innocenti. Perché aveva ragione don Milani che il problema degli altri è uguale al mio e che “sortirne tutti insieme è la politica”, quella che nasce dalla non violenza. Altrimenti resta solo l’avarizia del pensare a sé, folle, in un mondo sempre più piccolo ancora di più in un mondo globalizzato! Aveva ragione Martin Luther King: “La scelta è tra non violenza e la non esistenza”. Politica significa difendere la città degli uomini, la nostra casa comune, praticando la via delle beatitudini come prassi di rapporto tra le persone e tra i paesi, per liberarci dalle sirene dei nazionalismi che illudono e seminano inimicizia, sempre a beneficio di qualcuno. Perché senza non violenza c’è violenza; senza difendere le vittime si finisce per accettare la logica delle armi. Meditiamo, come Maria, perché sia una scelta profonda, non un’emozione ma uno stile di tutta la vita, con la forza ei coraggio che non sappiamo di avere ma che la non violenza ci fa trovare proprio perché ci libera da altri stili. E come i pastori glorifichiamo Dio con una vita radiosa e forte di amore. Occorre sempre parlare di pace, come i pastori che tornano e ringraziano perché avevano capito e deciso. Il cammino della non violenza non è mai facile, incontriamo il persuadente Erode, con il ruolo e i guadagni che dispensa, irretendo con il potere, svuotando di significato vero le parole e uccidendo con ferocia. Disarmiamo la lingua e le mani, le nostre e quelle intorno a noi.

San Francesco chiedeva ai suoi che “La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti. Molti, che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo”. Cioè nessuno è mai condannato! Ci pensiamo un popolo di uomini di buona volontà!

“Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. A noi e a tutti.