Aperto dal cardinale Stella il centenario di Giuseppe Toniolo

La santità di Giuseppe Toniolo «passa in modo inequivocabile attraverso la sua vocazione famigliare», tanto che la sua memoria liturgica «è stata posta nell’anniversario del suo matrimonio con Maria Schiratti», dalla quale ebbe sette figli, tre dei quali morti in tenera età. Lo ha ricordato il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, durante la messa celebrata, nel duomo di Santa Maria Assunta di Pieve di Soligo — il paese del Trevigiano dove è sepolto il corpo del beato — in occasione dell’apertura dell’anno centenario della morte.

Nel rito matrimoniale — ha fatto notare il porporato — «non a caso in una delle formule iniziali per fare memoria del battesimo, si prega affinché gli sposi “accolgano il dono del matrimonio, nuova via della loro santificazione”». Questo sacramento rappresenta dunque «la via della santificazione per coloro che la percorrono e, potremmo anche dire, la scuola e la palestra di santità per tutti i membri della famiglia». Un immagine, questa, «positiva e piena di fiducia, dei coniugi che, nel matrimonio, si scelgono e, aperti alla vita, si prendono per mano, finché la morte non li separi», tenendo in mezzo a loro «il volto di Dio Padre, che li accompagna, li guida e li consola».

La vita di Giuseppe Toniolo con sua moglie Maria, originaria di Pieve di Soligo, è stata certamente «un cammino di santificazione per lui, reale e concreto»: quindi non privo anche «dell’esperienza della croce, almeno, per esempio, in occasione della morte dei figli». Per chi crede, infatti, la croce, «qualunque forma possa assumere, non è solo dolore e fatica, ma soprattutto occasione di incontro con Gesù e di unione più profonda con lui», come è stato appunto per Toniolo e come ricorda Papa Francesco nell’Amoris laetitia: «I dolori e i problemi si sperimentano in comunione con la croce del Signore, e l’abbraccio con lui permette di sopportare i momenti peggiori. Nei giorni amari della famiglia c’è una unione con Gesù abbandonato che può evitare una rottura».

Il cardinale Stella ha anche voluto condividere alcuni pensieri sulla santità, non solo quella del beato Toniolo ma quella a cui sono chiamati tutti i cristiani, a partire da tre domande: Chi sono i santi nella Chiesa? Perché la Chiesa fa i santi? Qual è la santità propria della vita matrimoniale?

La prima considerazione è che santi «non si nasce, ma si diventa, accogliendo la chiamata del Signore e lasciandosi guidare da lui in ogni circostanza della vita». Non si tratta di una «conquista personale, frutto unicamente dei nostri sforzi e del nostro impegno», ma di un cammino «percorso insieme al Signore, nel servizio dei fratelli, come ha ricordato Papa Francesco». In questa prospettiva è chiaro «come la via della santità sia aperta per tutti, ma proprio tutti, non solo per i “professionisti” del sacro e della spiritualità», o, come talvolta si pensa, «per coloro che possono liberarsi delle incombenze e delle angustie del mondo». Dio infatti, ha aggiunto il porporato, «non fa preferenze tra i suoi figli e a tutti dona la medesima possibilità di vivere insieme a lui la vita di ogni giorno», di sperimentare in essa «il balsamo della sua misericordia e la gioia della sua presenza», in un cammino che «conduce alla santità, giorno dopo giorno». Così è vissuto il beato Toniolo, «marito, padre, professore di economia politica, educatore, laico impegnato nella società e nella vita pubblica del suo tempo».

Riguardo al perché la Chiesa proclami i santi, il cardinale ha spiegato che ogni santo è «una pagina di Vangelo vissuta e ben riuscita; la sua vita una testimonianza concreta che il Vangelo non è un “ideale”», pur bellissimo ma «distante e inaccessibile ai più», bensì «la più umana e la più reale delle mete possibili»: c’è ad esempio — ha ricordato — un santo che era uno zingaro; un santo che era un mendicante; un santo giornalista; diversi futuri santi del mondo della politica, dell’economia, dell’arte, del lavoro operaio, della vita militare».

Attraverso i santi “ufficiali”, «sicuramente molto meno numerosi di coloro che hanno percorso in vita un cammino di santità e ora sono in Paradiso», la Chiesa offre dei modelli da imitare, «seguendo Gesù, e degli esempi concreti per ispirare la nostra vita e la nostra condotta». Il beato Toniolo, ha sottolineato il prefetto della Congregazione per il clero, ha trovato «la sua via alla santità nella famiglia» ma anche nell’insegnamento svolto per trent’anni a Pisa e «in una azione sociale, vissuta, nel quotidiano travaglio della storia politica di allora, non senza sofferenze e oscurità interiori».

Ai santi, ha detto il porporato, «possiamo pensare come a quei compagni di banco un po’ più bravi di noi, ai quali ai tempi della scuola ci rivolgevamo, perché ci aiutassero a comprendere le lezioni dei professori che loro avevano capito prima e meglio di noi». Per questo, essi devono essere «la nostra famiglia spirituale, che ci fa compagnia e che preghiamo, nel cammino verso la patria, il Cielo».

(da L’Osservatore Romano, 23-24 settembre 2017)