Communio: agire insieme


 

«In ginocchio: questa sarebbe la postura adeguata per trattare gli argomenti di questi giorni. In ginocchio davanti al Padre misericordioso, che vede lacerato il corpo di Cristo, la sua Chiesa, e ci invia a farci carico, come suo Popolo, delle ferite e a curarle con il balsamo del Suo amore […] Sarà vitale per i vescovi avvalersi del contributo, del consiglio e discernimento di cui tutti nella sua Chiesa, inclusi i laici, sono capaci, non soltanto per se stessi e per le scelte personali, ma come Chiesa e per il bene della Chiesa nell’hic et nunc in cui sono chiamati a vivere […] Da donna laica debbo onestamente constatare che indistintamente tra i sacerdoti, tra i religiosi, come tra i laici vi possono essere e vi sono persone non libere, disposte a coprire aprioristicamente, asservite a qualcuno invece di essere al servizio amorevole, intelligente e libero della Chiesa e fedeli alla loro propria vocazione […] Non ho nulla da insegnare a lei, Santità, a loro, eminenze, eccellenze reverendissime, alle reverende Madri e ai reverendi padri qui convocati, credo piuttosto che insieme, nell’ascolto reciproco e fattivo, ci impegniamo a lavorare affinché in futuro non desti più tanto clamore un evento come questo meeting, e la Chiesa, Popolo di Dio, si prenda cura, in modo competente, responsabile e amorevole, delle persone coinvolte, di quanto accaduto, affinché la prevenzione non si esaurisca in un bel programma, ma divenga atteggiamento pastorale ordinario […]. Non di rado avverto insofferenza nella Chiesa per l’attenzione che si dedica alla questione degli abusi sessuali sui minori. Un sacerdote, qualche giorno fa, ha esclamato: “Ancora si continua a parlare di abusi? È esagerata l’attenzione che la Chiesa riserva a questo tema!”. Ma anche una signora praticante mi ha detto candidamente: “Meglio non parlare di questi argomenti, perché altrimenti crescerà sfiducia verso la Chiesa. Parlarne offusca tutto il bene che si fa nelle parrocchie. Se la vedano il Papa, i vescovi e i preti tra loro”. Il parlarne, o non piuttosto gli abusi stessi – di coscienza, di potere, sessuali – offuscano il bene che si vive nelle parrocchie? A queste persone – e prima ancora a me stessa – dico che prendere coscienza del fenomeno e rendere conto della propria responsabilità non è una fissazione, non è un’azione inquisitoria accessoria per soddisfare mere esigenze sociali, bensì un’esigenza scaturente dalla natura stessa della Chiesa come mistero di comunione fondato nella Trinità, come Popolo di Dio in cammino, che non evita, ma affronta, con sempre rinnovata consapevolezza comunionale, anche le sfide legate agli abusi occorsi al suo interno a danno dei più piccoli minando e spaccando questa comunione […]. La Chiesa si rende visibile e operante nella sua natura comunionale se ciascun battezzato vive e compie ciò che gli è proprio, se la diversità di carismi e ministeri si esprime nel necessario coinvolgimento di ciascuno, pur nel rispetto delle differenze […]. I laici, i consacrati non sono chiamati ad essere meri esecutori di quanto disposto dai chierici, ma tutti servitori nell’unica vigna […]. Occorrerà rivedere l’attuale normativa sul segreto pontificio, in modo che esso tuteli i valori che intende proteggere, ossia la dignità delle persone coinvolte, la buona fama di ciascuno, il bene della Chiesa, ma nello stesso tempo consenta lo sviluppo di un clima di maggiore trasparenza e fiducia, evitando l’idea che il segreto venga utilizzato per nascondere problemi anziché per proteggere i beni in gioco».

Incontro su “La Protezione dei Minori nella Chiesa”,
brani dalla Relazione di Linda Ghisoni,
Sotto-Segretario del “Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita