Luce sull’economia. Dalla Rerum novarum alla Laudato si’

Pubblichiamo stralci dell’introduzione del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, al libro “Papi e giubilei. Da Leone XIII a Francesco. In oltre un secolo di cooperazione” (Roma, Ecra, 2016). Attraverso immagini d’archivio accompagnate da testi dei Pontefici che si sono susseguiti dalla fine del XIX secolo, il volume ripercorre la storia della cooperazione e in particolare quella del credito cooperativo, avviato con l’enciclica Rerum novarum.

Papa Leone XIII introduceva il n. 37 dell’Enciclica Rerum novarum, sul diritto naturale di associazione — chiave per dare una risposta alla grave situazione sociale della fine del secolo XIX — con due citazioni bibliche: «Guai a chi è solo; se cade non ha una mano che lo sollevi» (Ecclesiaste 4,9-10) e «Il fratello aiutato dal fratello è simile a una città fortificata» (Proverbi 18,19). La fraternità, la solidarietà, il rifiuto dell’indifferenza, la gratuità sono il più basilare rimedio ai conflitti, anche economici, e il punto di partenza per costruire una società giusta ed equa, tesa a rispecchiare in quanto possibile la patria definitiva, dove «non ci sarà più né lutto né pianto» (Apocalisse 21). Nella visione di quel Pontefice, l’associazionismo cattolico, che includeva anche il movimento cooperativo, era un decisivo strumento per la costruzione di una società impregnata di valori umani e cristiani, strumento della «grande misericordia di Dio» (Salmo 50).
Il Magistero sociale della Chiesa ha mantenuto e sviluppato da allora lo stesso messaggio: una società che voglia rispettare la dignità umana non può esser edificata dal gioco di forze lasciate a se stesse, siano esse la lotta di classe o il mercato. Solo il costante impegno per la giustizia, guidato e completato dall’amore vicendevole, può costruire una società fraterna e solidale. In tale contesto, come hanno riaffermato Papa Benedetto XVI (10 dicembre 2011) e Papa Francesco (28 febbraio 2015), l’azione cooperativa rimane un esempio paradigmatico di un’economia impostata sulla logica della comunione e della fraternità.
Il tempo della Rerum Novarum era contrassegnato da estreme disuguaglianze sociali. Così scriveva Leone XIII: «La rivoluzione (cioè gli sviluppi storici dalla fine del XVIII alla fine del XIX) ha prodotto la divisione della società come in due caste, tra le quali ha scavato un abisso. Da una parte una fazione strapotente perché straricca, la quale, avendo in mano ogni sorta di produzione e commercio, sfrutta per sé tutte le sorgenti della ricchezza, ed esercita pure nell’andamento dello Stato una grande influenza. Dall’altra una moltitudine misera e debole, dall’animo esacerbato e pronto sempre a tumulti» (n. 35).
Queste parole conservano piena attualità, perché, come spesso ricorda Papa Francesco: «Dappertutto la convivenza tra ricchezza e miseria è uno scandalo, è una vergogna per l’umanità» (2 dicembre 2015).
Non è soltanto l’aggravamento del fossato tra i pochi estremamente ricchi e un’immensa moltitudine sommersa nella miseria e nell’esclusione, ad accomunare i nostri tempi con quelli di Leone XIII. Anche allora la finanza internazionale senza regole, con ricorrenti crisi e bolle finanziarie, era uno degli elementi determinanti della questione sociale. Si pensi alle varie crisi finanziarie che si succedettero nella seconda metà del secolo XIX, tra cui, la più grave, il crollo della Banca Baring Brothers, contemporaneo alla Rerum Novarum (1891).
Sebbene l’incipiente sviluppo degli studi sociali cattolici non si soffermasse ancora su una critica complessiva di quella prima «globalizzazione finanziaria», la Rerum Novarum non ignora l’importanza del credito, ma lo vede, fondamentalmente, come un servizio alle famiglie, alla produzione locale e alla creazione di impiego. L’Enciclica, pertanto, affidava all’associazionismo cattolico la missione di recuperare la funzione primordiale del credito. Gli operai cristiani, associati fra di loro e con altri ceti sociali, devono promuovere «società di mutuo soccorso [e] molteplici assicurazioni private destinate a prendersi cura dell’operaio, della vedova, dei figli orfani, nei casi d’improvvisi infortuni, d’infermità, o di altro umano accidente» (n. 36); le opere dei Congressi Cattolici devono ingegnarsi per «stringere opportunamente in società le varie classi operaie; [aiutarle] col consiglio e i mezzi e [procurare] loro un lavoro onesto e redditizio» (n. 41); le associazioni devono provvedere che «all’operaio non manchi mai il lavoro, e vi siano fondi disponibili per venire in aiuto di ciascuno, non solamente nelle improvvise e inattese crisi dell’industria, ma altresì nei casi di infermità, di vecchiaia, d’infortunio» (n. 43).
È noto che il fenomeno cooperativo, nella realtà pratica della società cristiana, precede gli appelli di Leone XIII. I primordi dell’Ottocento vedono in Europa un rifiorire della tradizione cooperativa, anche come reazione alla natura fortemente individualistica dell’impresa capitalistica. Le Banche di Credito Cooperativo, le Casse Rurali e di Risparmio, sono state le “pronipoti” dei Monti di pietà, nati dai Francescani nella seconda metà del Quattrocento, generati da carismi religiosi e civili assieme (cfr. L. Bruni, prefazione a Banche con l’anima, Ecra, Roma, 2013, p. XXVIII).
Nella Chiesa, sin dalla Pentecoste, la vita del popolo di Dio e gli sviluppi dottrinali si intrecciano costantemente, per cui talvolta risulta difficile discernere quale abbia avuto la precedenza storica. Succede lo stesso con la dottrina sociale. L’associazionismo e il credito popolare anticipano la formulazione degli insegnamenti sociali cristiani. In tal senso, il testo della Rerum Novarum non contiene un riferimento diretto al movimento cooperativo, che è già vivo ed operante nel popolo di Dio, ma prende atto della sua realtà. Senza nominarlo lo assume come parte degli insegnamenti della Chiesa, fermento e stimolo per il rafforzamento delle cooperative esistenti e la nascita di nuove in tutti gli ambienti della vita economica e civile, in particolare in Italia.
L’interazione tra Magistero e vita dei cristiani fa sì che la Dottrina Sociale della Chiesa nasca non solo quale critica teorica ai concetti della modernità — liberalismo, liberismo economico, varie forme di socialismo che si stavano sviluppando, ecc. — ma anche come un esercizio pratico della responsabilità dei singoli e della società civile. Una vera critica pratica, tratta dall’azione sociale dei cattolici, che a sua volta fornirà elementi, sia per l’ulteriore sviluppo della Dottrina Sociale, che per un pensiero economico al servizio dello sviluppo umano integrale.
Il cooperativismo è una risposta ai riduzionismi economici e ricorda che l’economia è una realtà che non esaurisce tutta la socialità, ma si colloca all’interno della medesima e si subordina ad essa. L’economia non ha titoli sufficienti per essere l’unica guida del vivere sociale, meno ancora quando viene compresa solo come scienza fenomenologica, esprimibile in formule ed equazioni. Al contrario, è caratteristica del “fatto economico” il carattere libero, immerso nel tempo, soggettivo (perché dipende da valutazioni umane e decisioni libere) e sociale. Pur essendo, dunque, legittimo e necessario lo studio della realtà economica nelle interazioni delle scelte umane con l’elaborazione di modelli matematici, la comprensione della realtà sociale non si riduce a questa «teorizzazione economica», e ancor meno si può pretendere che essa sola diventi normativa per l’agire economico. Un tale riduzionismo, nelle parole di Papa Francesco, diventerebbe «un paradigma omogeneo e unidimensionale» (Laudato si’ n. 106), che finisce per perdere ogni contatto con la realtà.
Lo stesso Papa Francesco ricorda che «una scienza che pretenda di offrire soluzioni alle grandi questioni, dovrebbe necessariamente tener conto di tutto ciò che la conoscenza ha prodotto nelle altre aree del sapere, comprese la filosofia e l’etica sociale». La tecnica non è «la principale risorsa per interpretare l’esistenza», è la realtà stessa che ci deve interpellare: «la realtà è superiore all’idea» (cf. Laudato si’ n. 110).
L’attività economica perciò è azione della persona umana nella società e nella creazione, e questi concetti — persona, società, rispetto del creato — devono illuminare l’analisi economica e la sua attuazione concreta. Essi non sono soltanto concetti filosofici che cercano una correzione teorica dell’immanentismo e del riduzionismo delle scienze sociali, ma costituiscono anche indicazioni per l’azione. Una solidarietà concreta deve informare tutte le azioni umane, dei singoli e delle diverse aggregazioni sociali, in modo che la società venga ricostruita dagli uomini, non da invenzioni ideologiche o con la sostituzione della forza del denaro con la forza di uno Stato totalitario. Se manca l’effettiva solidarietà, «il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale» (Laudato si’ n. 109).
Dal momento che né «la massimizzazione dei profitti è sufficiente» né «il mercato da solo serve per garantire lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale», occorre approfondire quali siano «le radici più profonde degli squilibri attuali» (Laudato si’ n. 109). È fondamentale capire l’essenza dei rapporti sbagliati che si stabiliscono con il denaro, sia a livello collettivo — quando si ritiene che la massimizzazione delle utilità porterà necessariamente all’equilibrio sociale generalizzato — sia a livello personale, quando si identifica il denaro con il potere di soddisfare ogni pretesa edonistica, utilitaria e consumistica. Queste concezioni si reggono su una filosofia relativistica che, nel dichiararsi incapace di conoscere ciò che in realtà sia l’uomo e quindi di accettare regole morali universali, si affida all’equilibrio degli egoismi come unico mezzo di armonia sociale. Così, nonostante solenni e ripetute dichiarazioni dei diritti umani, si finisce per istituzionalizzare l’esclusione e lo scarto di quei settori dell’umanità che non risultano utili. Le tragiche conseguenze di questo rapporto dell’uomo con il denaro — vera adorazione del vitello d’oro — sono palesi lungo gli anni dalla Rerum Novarum alla Laudato si’. In quest’ottica si spiega che Papa Francesco, richiamandosi a Basilio di Cesarea e a Francesco d’Assisi, dica che «il denaro è lo sterco del diavolo», perché «diventa un idolo, comanda le scelte dell’uomo …rovina l’uomo e lo condanna» (28 febbraio 2015).
Di fronte all’accettazione del paradigma della massimizzazione dei profitti, Papa Francesco, nell’Enciclica Laudato si’, si riallaccia a Leone XIII e alla sua chiamata all’associazionismo e, implicitamente, al cooperativismo, come critica del riduzionismo ideologico economicista: «La libertà umana è capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale. La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante avviene di fatto in alcune occasioni. Per esempio, quando comunità di piccoli produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello di vita, di felicità e di convivialità non consumistico» (Laudato si’ n. 112). «Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con la mera somma di beni individuali» (Laudato si’ n. 219).
Papa Francesco, ricevendo i rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane il 28 febbraio 2015, ha rivendicato il ruolo della loro azione come strumento importante per globalizzare la solidarietà e costruire un’economia a misura d’uomo. Il movimento cooperativo non deve fermarsi alle glorie del passato, segnalava Papa Francesco, ma guardare soprattutto in avanti: «alle nuove prospettive, alle nuove responsabilità, alle nuove forme d’iniziativa delle imprese cooperative. È una vera missione che…chiede fantasia creativa per trovare forme, metodi, atteggiamenti e strumenti, per combattere la “cultura dello scarto”…coltivata dai poteri che reggono le politiche economico-finanziarie del mondo globalizzato, dove al centro c’è il dio denaro».
Come Papa Leone XIII vedeva nell’associazionismo cattolico la via per assicurare l’effettivo rispetto della dignità degli operai e delle loro famiglie, Papa Francesco rilancia l’appello a «perfezionare, a rafforzare e ad aggiornare le buone e solide realtà» del movimento cooperativo e «portare la cooperazione sulle nuove frontiere del cambiamento, fino alle periferie esistenziali». Si tratta di «continuare a inventare… nuove forme di cooperazione» per «creare soprattutto nuove possibilità di lavoro che oggi non ci sono» e per riconciliare lavoro, famiglia, cura dei più deboli e assistenza sociale. Lo spirito dell’azione cooperativa può aiutare l’impresa — agraria, industriale o di servizi — ad essere luogo di crescita per tutti: fornitori, produttori, utenti, consumatori, i quali devono «crescere come persona, socialmente e professionalmente, nella responsabilità, nel concretizzare la speranza».
Tra le proposte del Santo Padre al movimento cooperativo spicca quella relativa all’uso del denaro. Essa concepisce le cooperative quali attori centrali del recupero della vera funzione sociale della moneta, mezzo di scambio, di risparmio e di misura o comparazione economica, e del credito, con la sua funzione di associare coloro che hanno un surplus di risparmio con coloro che hanno bisogno di risorse per lavorare e sviluppare iniziative ed imprese volte ad incrementare il benessere generale. Si tratta di «mettere insieme, con determinazione, i mezzi buoni per realizzare opere buone».
Il Papa vede nell’azione cooperativa un mezzo importante per lottare contro la corruzione del denaro, evitando che diventi «sterco del diavolo».
Alla costruzione di un’economia umana e di una globalizzazione della solidarietà vanno chiamate non solo le cooperative, ma anche le aziende capitalistiche, quelle multinazionali, i Governi, e le molteplici manifestazioni della società civile. Tutti hanno la loro importante parte di responsabilità e nessuno può defilarsi da questo impegno. Il movimento cooperativo, tuttavia, può svolgere un ruolo esemplare e paradigmatico: «L’economia cooperativa può svolgere una funzione sociale forte … essere protagonista del futuro di una nazione e di ciascuna comunità locale … Può promuovere l’economia dell’onestà! Un’economia risanatrice nel mare insidioso dell’economia globale. Una vera economia promossa da persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune».
Perciò il Papa chiede al movimento cooperativo di diventare attore di una nuova globalizzazione dal volto umano: «Le vostre associazioni internazionali sono nate con grande anticipo su quelle che le altre imprese hanno creato in tempi molto successivi. Ora c’è la nuova grande globalizzazione, che riduce alcuni squilibri ma ne crea molti altri. Il movimento cooperativo, pertanto, non può rimanere estraneo alla globalizzazione economica e sociale … Occorre avere il coraggio e la fantasia di costruire la strada giusta per integrare, nel mondo, lo sviluppo, la giustizia e la pace».
È necessario pertanto «uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia» (Laudato si’ n. 228). «Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti» (Laudato si’ n. 229).
È trascorso più di un secolo dalla Rerum Novarum, con terribili guerre e tragedie, crisi finanziarie, tentativi totalitari di controllare tutte le azioni umane, ingiustizie ad ogni livello e spesso con l’esclusione delle fasce più deboli dell’umanità. Il secolo XX, d’altra parte, è stato anche un secolo di santità, di sacrificio e dedizione agli altri, di migliaia di «buoni samaritani» nascosti, che si sono presi cura dei più deboli e anche di iniziative di ampio respiro locali, regionali ed internazionali, in attuazione del comandamento del Signore: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete i miei discepoli» (Giovanni 13, 34-35).
Nel ringraziare quanto il movimento cooperativo ha saputo fare, è da augurarsi che possa continuare a svolgere la sua missione, con la forza e l’ampiezza di orizzonti che gli assegna il Santo Padre e continuare ad essere un «segno della misericordia di Dio con gli uomini».

 
(L’Osservatore Romano, 27-28 ottobre 2016)